E' molto intensa l'opera prima, in parte autobiografica, di Benjamín Ávila. Una storia triste e romantica in cui ogni scena trasuda poesia. Bellissima la scelta di ricorrere all'animazione per descrivere le sequenze più violente. Strepitosa l'interpretazione di Ernesto Alterio nei panni dello zio Beto. Un film che, se ce ne fosse
ancora bisogno, dimostra quanto sia alta la qualità dei lavori selezionati dalla Quinzaine des Réalisateur (sezione parallela del Festival del Cinema di Cannes).
Di seguito qualche critica.
M. Porro (Il Corriere della Sera): '[...] Fattori umani in primo piano e family story di intermittente resa emotiva con l’aiuto di scene a cartoon. [...]'
F. Raponi (filmup.com): '[...] Allora, in un quadro di conti transgenerazionali col passato, la principale e originale riflessione sviluppata dal corso degli eventi è che, seppure al servizio di un ideale di libertà collettivo, per i rischi cui si sceglie di andar incontro - quando si hanno persone a carico, e dunque per non allungare la catena delle sofferenze - la responsabilità probabilmente va mantenuta soggettiva. [...]'
I. Armarono (ecodelcinema.com): '[...] Il mondo di Juan è costruito benissimo in tutte le sue sfaccettature: assistiamo ai suoi sogni notturni, osserviamo con i suoi occhi gli adulti e i loro movimenti, percepiamo i suoi forti sentimenti verso Maria, ma anche la frustrazione di non poterli vivere come un ragazzino normale. Notevole l’interpretazione di Ernesto Alterio, lo zio Beto, l’unico in grado di concedere, ma anche di imporre alla famiglia momenti di felice normalità, nella speranza che Juan possa sentirsi come gli altri. La madre è interpretata dall’affascinante Natalia Oreiro, un’attrice molto famosa in Argentina, scelta con l’intento di attirare un pubblico giovane al cinema. Molto spazio viene dato alla musica, dalle canzoni di lotta di quegli anni a soluzioni sonore più vicine alle generazioni argentine di oggi. [...]'
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