martedì 5 aprile 2011
:: cinema "il discorso del re" (Tom Hooper)
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Il discorso del re è uno dei più bei film che abbia visto quest'anno.
Geoffrey Rush e Colin Firth sono strepitosi così come Helena Bonham Carter, che interpreta un personaggio tutt'altro che marginale.
La regia è molto interessante, la sceneggiatura da brivido...
E' uno dei pochi film che ho visto in lingua originale con sottotitoli ma devo dire che ne è valsa la pena perchè l'interpretazione degli attori è magistrale e non merita doppiaggio.
La proposta di film in lingua è uno dei milioni di ottimi motivi per tenere in vita il cinema Arsenale a Pisa, mi raccomando, tesseratevi!!! ;-)
Come di consueto riporto qualche recensione.
P. Mereghetti (Il Corriere della Sera): "[...] Una messa in scena minimale che si può reggere solo su una eccezionale prova d’attore. E Colin Firth (Giorgio VI), Geoffrey Rush (Lionel Logue) ed Helena Bonham Carter (Elisabetta) sono davvero superlativi: Firth (già premiato col Golden Globe e seriamente favorito all’Oscar) e Bonham Carter restituiscono dallo schermo tutte le sfumature di una coppia regale che è costretta a confrontarsi con il mondo della concretezza quotidiana, fuori dai cancelli di Buckingham Palace, mentre Rush sa far trasparire, dietro il rispetto e l’educazione che si deve alla famiglia reale, quel tanto di rivalsa “psicologica” che l’Inghilterra del primo Novecento sta coltivando verso i suoi sovrani. Un gioco di sguardi, di allusioni, di inchini e sorrisi che raccontano meglio di tanti discorsi le due velocità a cui stava avanzando il Paese e che la minaccia della guerra saprà riunire in un fronte comune. Offrendo così al sovrano l’occasione di ritrovare un comune sentire insieme a un eloquio finalmente non più tartagliante.[...]"
P. Casella (Europa): "[...] I due interpreti principali sono straordinari, l’uno specchio dell’altro e suo necessario contrappasso, e ogni loro scena insieme è un minuetto di echi e di rimandi. Da una parte c’è il compassato inglese Colin Firth, che per questo ruolo ha già vinto il Golden Globe ed è il candidato leader per l’Oscar: contratto, impacciato, fisicamente ingabbiato nei suoi limiti psicologici ed espressivi. Dall’altra c’è l’australiano Geoffrey Rush (anche lui candidato all’Oscar come non protagonista) nei panni del logopedista Lionel che aiuterà il futuro re ad uscire dalla sua prigione: indisciplinato e iconoclasta, ma animato da quella profonda empatia che gli permette di risolvere i problemi degli altri. I due personaggi si capiscono anche grazie alle speculari inadeguatezze: Li¬nel è un attore mancato, un cialtrone professionista, un impostore - proprio come, sotto sotto, si sente il futuro Giorgio VI. La legittimazione arriverà per entrambi attraverso la fiducia reciproca e l’ammissione che nessuno può farcela da solo in questo mondo, sia nato principe oppure povero.[...]"
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