martedì 8 ottobre 2013

:: tu chiamala se vuoi hipster/mania

Immaginavo che prima o poi sarebbe successo. La subcultura hipster è riuscita ad attirare la mia attenzione. Ultimamente non faccio che leggere articoli sui sempre più numerosi finti intellettualoidi che indossano abiti vintage, ascoltano musica indie/rock, apprezzano il cinema d'essai, si spostano sullo skateboard o con bici a scatto fisso, rifiutano il consumo di massa, si nutrono di cibi biologici e vivono nei quartieri nord delle grandi capitali europee (Hoxton e Shoreditch a Londra, Belleville a Parigi o Prenzlauer Berg a Berlino). Sebbene tutto questo mi sembri quanto meno emblematico del vuoto
generazionale contemporaneo, non posso evitare di sorridere di fronte al dilagare di variazioni sul tema. Ve ne cito alcune, in ordine sparso: 1. come scattare foto hipster (ilpost.it); 2. come diventare un perfetto hipster (Hipster Dixit, Fazi Editore); 3. come costruire un logo hipster (hipsterlogo.com); 4. come hipsterizzare le statue esposte al Musée du Louvre (Leo Caillard). Ben inteso, è tutto molto interessante, in particolar modo le statue (strepitosamente graziose con occhiali a specchio e camicia a quadri). Tuttavia mi chiedo, perché?






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